La Legge 208/2015, meglio conosciuta come Legge di Stabilità per il 2016 è intervenuta innalzando a 3.000 euro il limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore. Dal 1° gennaio 2016 grazie alle modifiche apportate all’articolo 49, comma 1, D.Lgs. 231/2007, il limite raggiungibile per le transazioni in contanti (pagamento fatture, finanziamento fra soci e società, prelevamenti utili dei soci dalle società) regolate in unica soluzione, sale dunque da 1.000 a 3.000 euro. Finora tale limite era stato sempre rivisto al ribasso nella convinzione che ridurre l’utilizzo e la circolazione del denaro contante e degli strumenti ad esso assimilati nelle operazioni fra parti private – senza cioè l’intervento di un intermediario creditizio – costituisse un valido strumento di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale. Nella relazione di accompagnamento alla Legge di Stabilità 2016 si legge invece che l’innalzamento a 3.000 euro del limite delle transazioni in carta moneta, trova la sua esigenza nel garantire maggior fluidità alle movimentazioni quotidiane effettuate per il soddisfacimento dei bisogni di stretto consumo oltre che per allineare l’Italia alle scelte degli altri Stati membri dell’Unione Europea, tendenzialmente attestati su politiche meno restrittive in materia. Circa gli effetti di contrasto all’evasione la relazione di accompagnamento si limita invece ad affermare che gli studi in materia (non espressamente citati) escludono un indice di correlazione diretta fra utilizzo
del contante ed evasione fiscale.
La nuova ed ennesima modifica del limite dell’utilizzo del contante e le altre misure a esso correlate contenute nella L. 208/2015, sono pertanto l’occasione per aggiornare la complessa materia con l’obiettivo di fare chiarezza sulle principali questioni che ruotano attorno a questa problematica.
La prima conseguenza delle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 è che dal 1° gennaio tutte le operazioni fra privati, siano essi persone fisiche o persone giuridiche, regolate per contanti entro il limite massimo di 2.999,99 euro saranno considerate assolutamente lecite. Di contro, sempre a far data dal 1° gennaio 2016, sarà invece vietato trasferire denaro contante o libretti di deposito postali o bancari al portatore o ancora titoli al portatore, in qualsiasi valuta, e a qualsiasi titolo, tra soggetti diversi, qualora il valore oggetto di trasferimento sia complessivamente pari o superiore a 3.000 euro. Per importi pari o superiori al nuovo limite si renderà necessaria, obbligatoriamente, la fruizione di strumenti di pagamento tracciabili, quali ad esempio i bonifici bancari o postali, le carte di debito o di credito e gli assegni non trasferibili. Poiché l’obbligo imposto dalla normativa sull’utilizzo del contante e dei valori a esso assimilati è circoscritto ai soli trasferimenti di denaro effettuati tra soggetti diversi all’interno di una transazione, nessun divieto opera invece quando il trasferimento avviene tramite l’intervento di una banca, delle Poste Italiane Spa o con l’utilizzo di moneta elettronica (carte di credito, bancomat, etc.). Sulla base degli accordi vigenti con il proprio istituto di credito ogni soggetto è pertanto libero prelevare con il bancomat o allo sportello qualsiasi importo, indipendentemente dalle soglie previste per l’utilizzo del contante. Occorre comunque considerare che l’istituto di credito tiene traccia di questi prelevamenti e nel caso in cui gli stessi siano ripetuti e costanti nel tempo può ritenere necessario, salvo particolari deroghe sulla base dell’attività svolta dal soggetto, effettuare una segnalazione alle autorità competenti. Niente cambia invece sul fronte dei soggetti chiamati dalla normativa di riferimento – D.Lgs. 231/2007 – a dover segnalare il mancato rispetto delle nuove soglie.
Pagamenti delle pubbliche amministrazioni: Per espressa previsione normativa contenuta nel comma 904 dell’articolo unico della L. 208/2015 i pagamenti delle P.A., a qualunque titolo effettuati, restano ancorati al precedente limite dei 1.000 euro. Pertanto, per tali soggetti resta invariato l’obbligo di versare stipendi, pensioni e ogni altro tipo di pagamento pari o superiore ai 1.000 euro utilizzando soltanto strumenti telematici.
Canoni di locazione di unità abitative: Il comma 902 ha, inoltre, abolito la disposizione prevista nell’articolo 12, D.L. 201/2011, ai sensi della quale, i pagamenti relativi a canoni di locazione di unità abitative, fatta eccezione per quelli di alloggi di edilizia residenziale pubblica, non potevano mai essere corrisposti per contanti. Tale norma, si legge nella relazione che accompagna la stabilità 2016, si è dimostrata di scarsa efficacia, mentre ha creato disagi per le locazioni turistiche e, più in generale, ai soggetti che operano correttamente. Dal 1° gennaio 2016 i pagamenti dei canoni di locazione abitativa potranno dunque essere nuovamente effettuati con utilizzo di denaro contante, con il limite della nuova soglia massima pari a 2.999,99 euro.
Settore dell’autotrasporto: Il comma 903 ha abolito anche l’articolo 32-bis, comma 4, D.L. 133/2014, ai sensi del quale, tutti i soggetti della filiera dei trasporti dovevano provvedere al pagamento del corrispettivo per le prestazioni rese in adempimento di un contratto di trasporto di merci su strada, di cui al D.Lgs. 286/2005, utilizzando strumenti elettronici di pagamento, ovvero il canale bancario attraverso assegni, bonifici bancari o postali, e comunque ogni altro strumento idoneo a garantire la piena tracciabilità delle operazioni, indipendentemente dall’ammontare dell’importo dovuto.
Dal 1° gennaio 2016 dunque anche questi soggetti potranno utilizzare il denaro contante per i pagamenti di importo non superiore a 2.999,99 euro.
Cambiavalute e money transfer: Il nuovo limite di 3.000 euro è applicabile anche per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta effettuata da parte dei c.d. cambiavalute ossia i soggetti iscritti nella sezione prevista dall’articolo 17-bis, D.Lgs. 141/2010, per i quali era stata precedentemente fissata una soglia massima pari a 2.500 euro. Nessuna modifica invece per la soglia di utilizzo del denaro contante per le operazioni di “money trasfer“, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), n. 6, D.Lgs. 11/2010 che resta ancorata al precedente limite di 999,99 euro.
Assegni vaglia postali e depositi al portatore: Viene lasciato inalterato a 1.000 euro l’importo a partire dal quale assegni bancari e postali, e assegni circolari e vaglia postali e cambiari devono necessariamente recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e soprattutto la clausola di non trasferibilità. Il cliente della banca o delle Poste Italiane Spa potrà dunque richiedere il rilascio di moduli di assegni bancari e postali privi della clausola di non trasferibilità ma questi ultimi potranno essere emessi e circolare soltanto per importi non superiori a 999,99 euro.
Casistiche e applicazioni pratiche
L’innalzamento del limite all’utilizzo del contante da 1.000 a 3.000 euro si riflette anche sulle questioni più controverse già oggetto di discussione nel recente passato. Fra queste merita ricordare quanto precisato in materia di pagamenti rateali, di pagamenti di imposte e contributi, di finanziamento dei soci alle società e di cessioni di quote di Srl.
Riguardo al problema del c.d. frazionamento – ossia della riconducibilità o meno a operazione vietata perché superiore al valore soglia – l’innalzamento del tetto a 3.000 euro può far ritenere operante il divieto di trasferimento di contanti e titoli al portatore per importi pari o superiori a tale limite anche quando lo stesso risulti superato cumulando diverse tipologie di mezzi di pagamento quali, ad esempio, denaro contante, libretti di deposito al portatore e simili. Con riguardo alle operazioni frazionate infatti l’articolo 1, lettera m), D.Lgs. 231/2007 definisce come
tale “un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti prestabilito dal presente decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in 7 giorni ferma restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale”.
Alla luce anche dei chiarimenti forniti dal Mef in materia di operazioni frazionate si può quindi concludere che il suddetto limite deve ritenersi superato anche nei casi in cui le parti, in maniera
artificiosa e non fisiologica rispetto all’operazione compiuta, scelgano di regolare un operazione di importo sopra soglia, ad esempio di 6.000 euro, in tre rate da 2.000 euro ciascuna in contanti.
Assolutamente legittimo è invece il pagamento tramite contanti eseguito in più rate, ciascuna di importo inferiore a 3.000 euro, quando la dilazione è fisiologica rispetto alla tipologia di operazione che le parti hanno posto in essere. È comunque doveroso precisare che lo stesso Mef ha precisato che resta comunque fermo il potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria di valutare, caso per caso, se il frazionamento sia stato comunque realizzato con lo specifico scopo di eludere il divieto normativo.
Ciò premesso vediamo in quali situazioni un pagamento frazionato può comunque considerarsi legittimo.
Esempio: il mandato professionale – Si prenda, ad esempio, un contratto di prestazione d’opera professionale che un soggetto stipula con un avvocato per la predisposizione di una causa civile dell’importo complessivo di 4.000 euro. Si supponga che nel mandato il pagamento delle prestazioni del legale sia stabilito come segue: un primo acconto di 1.500 euro alla firma del mandato e il saldo pari a 2.500 euro al termine della prestazione. Entrambi questi pagamenti potranno legittimamente essere eseguiti dal cliente tramite denaro contante perché sotto la nuova soglia dei 3.000 euro e perché relativi ad un contratto scritto e conformi alla prassi vigente per prestazioni professionali di questa natura.
Uguali dinamiche e soluzioni interpretative si possono raggiungere anche per quanto riguarda alcune tipiche operazioni in uso nella prassi societaria quali il prelevamento in acconto utili da parte dei soci o i finanziamenti dagli stessi effettuati nelle casse sociali. Come già chiarito dal Mef in risposta ai quesiti inviati dal Cndcec e trasfusi nella circolare n. 36/20134 anche in queste situazioni, connotate spesso da prelievi o pagamenti effettuati a più riprese dai soci, ogni volta che tale pluralità di pagamenti o di prelievi sia connaturata a una prassi commerciale, o rientri nell’ambito di una determinata dinamica contrattuale, o ancora risulti da un accordo scritto fra le parti stipulato antecedentemente ai movimenti in denaro effettuati (esempio il verbale di assemblea dei soci),
deve escludersi l’intento elusivo delle disposizioni di cui all’articolo 49, D.Lgs. 231/2007.
Esempio: il finanziamento dei soci – Si supponga che sulla base di una delibera di assemblea dei soci il legale rappresentante proceda con la richiesta ai soci di effettuare versamenti a titolo di finanziamenti infruttiferi nelle casse sociali. Si supponga che un socio, aderendo alla richiesta, decida di effettuare il suddetto finanziamento infruttifero per l’importo complessivo di 10.000 euro attraverso cinque pagamenti mensili di 2.000 euro ciascuno a partire dal prossimo 31 gennaio 2016. Sulla base delle considerazioni fin qui esposte se tali pagamenti mensili verranno effettuati per contanti dovranno ritenersi in linea con le nuove disposizioni perché frutto di un preventivo accordo fra le parti non riconducibile a un artificioso frazionamento.
Il pagamento delle imposte, tasse e contributi
La normativa antiriciclaggio e il nuovo tetto all’utilizzo del contante si rende applicabile anche ai pagamenti che i soggetti debbono effettuare per adempiere
agli obblighi fiscali, previdenziali etc.. Si pensi ad esempio alle rateazioni in corso con gli agenti della riscossione. L’innalzamento del limite all’utilizzo del denaro contante farà si che le rate in
scadenza dal 1° gennaio scorso, se ovviamente inferiori al nuovo limite di 2.999,99 euro, potranno essere pagate allo sportello del concessionario anche con denaro contante. In questa particolare materia vi sono però norme speciali che non sono state ricomprese nel raggio di azione delle disposizioni introdotte dalla Legge di Stabilità 2016. Si pensi al caso disciplinato dall’articolo 11, D.L. 66/2014 che prevede l’obbligo di pagamento esclusivamente attraverso i canali telematici per i modelli F24 di importo superiore a 1.000 euro. Come segnalato da più parti l’aver mantenuto la limitazione al limite inferiore dei 1.000 euro finisce per punire tutti quei soggetti che per vari motivi, spesso anche anagrafici, hanno minor dimestichezza nell’utilizzo degli strumenti informatici.
Logica avrebbe infatti voluto che anche per questa fattispecie venisse ampliata la soglia al nuovo limite dei 3.000 euro.
Regime sanzionatorio – favor rei
La Legge di Stabilità 2016 non è invece intervenuta in alcun modo sul particolare regime sanzionatorio previsto dal D.Lgs. 231/2007 per le violazioni della disciplina sull’utilizzo del denaro contante. Pertanto, dal 1° gennaio 2016, si dovrà unicamente interpretare la disciplina sanzionatoria sulla base del nuovo e più elevato limite sulla base delle considerazioni fin qui esposte.
Riepilogando in caso di violazione dei limiti all’utilizzo del denaro contante, sono previste le seguenti sanzioni applicabili:
- a) alle parti coinvolte nell’operazione dall’1% al 40% dell’importo trasferito, con un minimo di 3.000 euro, e con la possibilità di avvalersi dell’istituto dell’oblazione, che prevede il versamento immediato di un importo pari al doppio della sanzione minima (per esempio, se l’importo trasferito è di 3.500 euro, l’oblazione sarà pari a 70 euro);
- b) ai destinatari della normativa antiriciclaggio, tra i quali i professionisti, che hanno violato l’obbligo della segnalazione di un’operazione sopra soglia, la sanzione dal 3% al 30% dell’importo trasferito, con un minimo di 3.000 euro, senza la possibilità di avvalersi dell’istituto dell’oblazione. Poiché come abbiamo visto la disciplina in vigore dal 1° gennaio è più favorevole rispetto a quella prevista fino al 31 dicembre 2015, qualcuno si è chiesto se sia o meno possibile invocare il principio del favor rei per le violazioni commesse fino a tale ultima data
con sforamento del vecchio limite dei 1.000 euro ma entro il nuovo limite di 3.000 euro.
Sul tema non vi è univocità di opinioni.
Secondo la Commissione consultiva per le infrazioni valutarie e antiriciclaggio del Mef, il principio del favor rei, secondo cui nessuno può essere punito per un fatto che secondo una legge posteriore non costituisce più reato, presenta una valenza generale e quindi per questo è applicabile anche agli illeciti tributari e valutari, tradizionalmente assoggettati all’opposto principio di irretroattività della norma più favorevole.
Secondo la giurisprudenza e la dottrina prevalente, invece, in assenza di una specifica indicazione normativa, come nel caso del D.Lgs. 231/2007 si applica il principio che prevede l’assoggettamento della condotta addebitata alla legge del tempo del suo verificarsi escludendo la possibilità per il contribuente sanzionato di poter invocare il favor rei.