Si conclude in via definitiva la possibilità per le banche di applicare l’anatocismo, ovvero quella pratica che consente all’istituto bancario di applicare interessi sugli interessi creati ad esempio su un fido accordato al cliente. L’anatocismo, infatti, produce un danno elevatissimo a imprenditori e a consumatori costando mediamente agli italiani una cifra pari a 2 miliardi di euro all’anno. Nonostante l’anatocismo sia una pratica vietata dalla legge, le banche hanno applicato questo “interesse sull’interesse” in modo sistematico, tanto da richiedere l’intervento dello Stato, arrivato solo ora. È arrivato infatti il via libera della commissione Finanza della Camera allo stop definitivo all’anatocismo bancario anche sui finanziamenti ottenuto attraverso le carte di credito, le cosiddette «revolving», le carte di credito che rinnovano il fido ma calcolano il tasso di interesse su base mensile e non annuale.
Secondo l’emendamento Boccadutri, approvato dai deputati in commissione, la maturazione degli interessi non potrà essere inferiore ad un anno; gli interessi debitori a carico del cliente non possono «produrre interessi ulteriori», devono essere conteggiati al 31 dicembre ed esigibili da marzo dell’anno successivo.
Sradicare l’anatocismo è stata un’impresa tutt’altro che facile e i tentativi di una riforma negli ultimi anni non sono mancati. Così come le condanne delle banche. Eppure nonostante i tanti pronunciamenti a favore dei consumatori che hanno portato alla “condanna” di decine di istituti bancari, la riforma dell’articolo 120 del Testo unico bancario che dal primo gennaio 2014 stabilisce che gli “interessi scaduti non possono più produrre nuovi interessi e che devono essere conteggiati solo sul capitale” e la decisione dell’autunno scorso di BankItalia di eliminare dai nuovi contratti di conto corrente ogni riferimento alla capitalizzazione degli interessi, l’anatocismo rispunta puntualmente come se nulla di ciò fosse accaduto.
Andando più nel dettaglio, la situazione si può riassumere come segue: gran parte delle banche adotta una capitalizzazione trimestrale degli interessi , cioè la quota di interessi passivi maturata ogni tre mesi diventa capitale, così che nel trimestre successivo, il tasso è applicato sul capitale più sulla quota di interessi già maturata.
L’emendamento approvato oggi fa chiarezza su molti punti:
- la maturazione degli interessi non potrà essere inferiore ad un anno, vietando di fatto la trimestralizzazione;
- la trasformazione degli interessi passivi in capitale non sarà più automatica;
- spetterà al consumatore decidere la sorte degli interessi maturati al 31 dicembre: se pagarli entro 60 giorni (il primo marzo dell’anno successivo) oppure se trasformarli in capitale e quindi decidere autonomamente che frutteranno altri interessi;
- le nuove norme si applicheranno su tutti i rapporti bancari (sconfinamenti e fidi in c/c, carte revolving, conti di pagamento).
Dunque un provvedimento a favore dei consumatori e delle imprese in crisi di liquidità che eviterà che si continuino ad aprire lunghi contenziosi legali per recuperare somme indebite trattenute dalle banche.